La crisi è la perdita progressiva di quelli che erano i nostri riferimenti. Perdere i riferimenti è solo un fatto temporaneo perchè non si perde nulla per davvero. Si cambia. La crisi forse è un momento di vuoto che si cela tra un cambiamento e l’altro. Crisi quindi significa passaggio. Il passaggio va attraversato con coraggio, forza e senza avere paura. La paura non esiste perchè riguarda il futuro cosi come l’ansia riguarda il passato. La crisi intercorre tra il passato ed il futuro e non lascia posto a nessun sentimento che sia di lungo periodo. Dobbiamo solo riconoscerlo nel breve. Alla paura del futuro si unisce l’ansia che deriva dal passato. Camminare. Riconoscere il momento. Superarlo. Con la forza della ragione. Con la forza presa dalla razionalità. Con il dominio , ancora una volta, di quel leone ben rappresentato nella Cappella di San Severo. Il soldato rappresentato nella scultura fa fatica e guarda il leone. Il dominio è completo. la crisi è superata. Finalmente iniziamo a scrivere la nostra storia la dove avevamo interrotto. Le illusioni vanno via. Rimaniamo noi, l’unico luogo dove conviviamo da sempre e conviveremo per sempre.
Bisogna conoscere come sapere. I tre grandi ostacoli del cammino umano sono : p.p.m. Il tempo corre alla rovescia ed il simbolo dei simboli me lo ricorda ogni istante. E’ un momento della mia vita dove inizia un conto alla rovescia e si prepara un giro di boa. Più vado avanti e più comprendo. Comprendo camminando. Conosco sempre di più come sapere, sapere inteso come interpretazione degli eventi. La salita impone fatica ed il divieto di guardare verso il basso impedisce al mio cuore di avere tentennamenti. Corro verso la meta perchè quella è la direzione. La freccia scagliata crea la tratiettora che pare definitiva e promette varianti. Voglio essere pronto. Sono pronto. Sarò pronto. Dall’alto verso il basso tutto si appiattisce e dal basso verso l’alto tutto si appuntisce. Il cielo e la terra in perfetto equlibrio dentro di me mi tengono a distanza rispettivamente paura e superficialità intesa come illusione di essere arrivati. Non si arriva da nessuna parte, semmai si raggiungono solo nuovi punti di partenza. Oltre, il cammino tra il bianco e il nero è delineato, ed io non smetto di sentire la terra sotto i piedi e guardare gli occhi al cielo, speranzoso e certo della vittoria finale.
Il pensiero corre veloce. Le parole invece richiedono più sforzo perchè hanno bisogno di una serie di organi che contemporaneamente si mettono in moto e quindi richiedono una fatica immane. Devi pensare, e poi fare un lavoro preciso di movimento delle labbra e della lingua nel quale è coinvolta anche l’aria che respiriamo nelle sue varie modalità. La parola dunque richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del pensiero perchè sono coinvolte più funzioni vitali, non vi è dubbio alcuno. Quando pensiamo dobbiamo dar conto a noi stessi, quando parliamo prendiamo in prestito l’aria che condividiamo con il prossimo e che è indispensabile perchè è dobbiamo utilizzarla. Ma parlare non basta perchè nel suono c’è arte e quindi movimento intenzionale : tono, timbro, sono due esempi limpidi che testimoniano uno sforzo improbo, prolungato e temporale. La parola cosi richiede una fatica che noi sottovalutiamo ma che il nostro cervello fa finta di non percepire perchè risparmia da altre fonti : ecco perchè probabilmente più parliamo e meno pensiamo e quindi corriamo il rischio di raccontare puttanate a noi stessi ed al prossimo. Tra il pensiero e la parola la differenza è in termini fisici ed aritmetici. La differenza si misura in termini di sforzo e lo sforzo diventa una responsabilità. Perchè la responsabilità è azione non vi è dubbio. Dalla parola all’azione vi è numero progressivo di sforzo di dimensione probabilmente esponenziale. Entrano in gioco altri fattori come ad esempio il movimento che durante l’azione coinvolge tutto il resto del corpo. Esiste anche la possibilità di omettere. L’omissione è un pensiero che non si trasforma in azione perchè paga da un lato il senso di colpa e dall’altro lato il senso di responsabilità : se ometto scelto in qualche modo una via di fuga che dal pensiero non permette di passare all’azione. L’omissione diventa cosi un’alibi. L’omissione è il pentimento. Ma si potrebbe anche guardare come il frutto di una saggezza maturata nel corso di un pensiero negativo che non sfocia in azioni negative. Cosi l’omissione non ha carattere negativo ma può essere una via di fuga che porta alla Saggezza. L’omissione è il non fare nella sua accezione negativa. L’omissione è nella sua accezione positiva un filtro che impedisce ad un pensiero negativo ( nel quale abbiamo già coinvolto una serie di sforzi del nostro cervello) di trasformarsi in azione. Pensieri , parole, opere ed omissioni sono cosi 4 fasi che si alternano incessamente dentro la caverna ( coscienza) sita in ognuno di noi e con le quali ogni giorno noi facciamo i conti. Immagino questi come i 4 cavalieri della nostra Apocalisse personale. Noi li dominiamo. Noi ne siamo responsabili. Posono portare esattamente al successo come alla nostra completa rovina. Possono farci amare e possono farci odiare. Possono regalarci una gioia o una sorta di tristezza. Quattro cavalieri armati di spade vivono dentro di noi. Le lami sono taglienti : possono proteggerci e vincere il nemico ma se usate in maniera sbagliata possono ucciderci.
La stanza è buia. E’ successo due notti fa , erano circa le 4,00 . Non si dorme stanotte neanche a parlarne. Forse sarnno gli integratori o quell’ultimo caffè che con il mio fraterno amico non posso rifiutare. La stanza di colore nero mi riporta al mio primo incontro nel gabinetto di riflessione. Solve et coagula. Trovo altre scritte stavolta, nella mia buia stanza. Dal Gabinetto alla Caverna interrogativi inevasi sorgono sulle scritte e le lettere prendono forma. La forma di una durata da essenza alla bellezza, non vi è dubbio, ed una stanza buia se non riflette bellezza sicuramente vi puà ricondurvi. Le scritte torreggiano in cima alla stanza in quel cielo stellato che tanto mi sa di infinito e di mistero.
” La mente corre più dell’azione”.
Sul muro la scritta è chiara, è un invito al controllo. So che posso e devo controllarmi. Ho l’obbligo di seguire quel silenzio che privilegia l’azione. Ho l’obbligo di sopportare. La saccenza e l’arroganza ed anche la cecità mi sono d’ostacolo se e solo se io perdo il mio controllo. Ma se è mio perchè dovrei perderlo? In apparenza non ci sono ragioni, in profondità è proprio ciò che è mio rischio di perdere altrimenti non lo perderei se non fosse mio. L’equilibrio del pavimento a scacchi di bianco e nero mi invita a stare in equilibrio alzando gli occhi al cielo. Posso perdonare. E’ il mio obbligo , la mia Yeshiva. Il mio Vitriol mi chiede di perdonare e guardare avanti. Non ne sono capace e scavo nella profondità del mio viaggio. Ricordo Itaca ma il viaggio promette e di solito mantiene molto di più. Devo andare via ancora una volta perchè è nelle viscere di me stesso ritrovo la via smarrita e mi riconcilio con la mia rabbia. Devo trattenermi, il mio controllo prelude al mio equilibrio perchè ne è il grande patto mai scritto davvero.
“Ad Augusta per Angusta”.
Difficile la via perchè è sbarrata la strada che porta ad Itaca. So già che Itaca è nel sogno e sarà diversa quando ci metterò piede. So che il viaggio mi ha cambiato per sempre e so che sarà un nuovo passo verso quell’equilibrio tanto invocato dai cammini spirituale e che la fisica si limita a misurare con equazioni enigmatiche mai spiegandotelo per davvero. E’ difficile la strada. E’ difficile rimanere e partire. E’ difficile restare ed abbandonare. E’ difficile immaginare esiti senza sacrifici e sacrifici senza gloria.
“Age quod Agis”.
Devo farlo bene. Il prossimo passo. Con equilibrio. Ma devo prima conoscere ancora me stesso. Devo esplorare e concepire il limite del mio limite. Lo devo creare e superarlo, devo cononoscere per distruggere. Distruggere per costruire conoscenza nuova. Fallo e fallo con cura. Devo trovare una forza oscura. Il buio della stanza riflette le pareti chiare che simboleggiano una nuova luce in una vecchia oscurità.
Anche se prevale, l’oscurità mi è amica perchè è nel buio che si trovano spiragli improvvisi e celati dai nostri labirinti mentali. Devo essere forte anzi fortissimo. Devo salire e non inciampare. E se inciampo devo ancora rialzarmi e correre sentendo il terreno con i piedi e guardando la meta. Non so niente e la camera buia ora parla. Le scritte parlano. Dicono che io di domani in realtà non so niente e che ieri è soltanto una reazione chimica della mia mente che corre troppo.
Di colpo alzo la testa al soffitto. Guardo le stelle ed hanno una nuova forma. Sembrano quasi indicarmi la via ed un risveglio prossimo al solstizio invernale dove finalmente la luce trionferà sul buio. E’ ora. Che questa Alchimia si compia.
Mi hai mostrato in un attimo la foto di Lourdes con tutti i fedeli che erano giunti nel luogo dei miracoli. La tua malattia da sempre ti ha impedito di vedere il mondo come la maggioranza delle persone e proprio questo ti ha aperto altre armi dell’anima e quindi nuovi canali. In un attimo mi viene in mente la Sacerdotessa.
Tu mi indicavi Lourdes ed i fedeli ed ho pensato alla Sacerdotessa dei Templi che adoravano un Dio che allora viveva nella mente degli uomini sotto vesti diverse da quella che indossa oggi nella spiritualità odierna.
La Sacerdotessa , ponte dell’invisibile tra il noto ed il mistero. Custode umana della magia e della trasformazione alchemica ritrova ancora oggi senso in un mondo che la tradizione sta cambiando sempre più dal suo interno.
La Sacerdotessa che resiste alle religioni che la retrocedono a discapito di un maschilismo imperante e cieco.
Custode dell’Invisibile tra il sotto ed il sopra. Tra i nuovi mondi troppo lontani se si usa la vista e dentro di noi se si usa lo spirito per ricostruirli a nostra immagine.
Un uomo si distingue dai suoi simili per il senso che spesso da alla sua personale ricerca della felicità. Dovunque vada e dovunque viva, dovunque voglia andare e dovunque ritorni, è il senso della ricerca della felicità che ci mette nella condizione di vivere il nostro tempo su questa terra assaporandone i giorni. Perchè la vita è questa forse, è il senso della nostra ricerca della felicità. Salire ad un livello superiore ed immaginare nuovi scenari che disegnano nuovi mondi. E’ qui che si da un nuovo senso all’energia che genera il nostro rapporto tra ordine e caos sempre in disequilibrio costante e sempre in discussione. Siamo figli di un perfetto ordine biologico ma per una strana legge della natura che è perfetta entriamo nel caso immediatamente dopo la nascita. Sappiamo perfettamente come nascere e sappiamo arrivare alla luce perchè abbiamo dentro una saggezza che poi si perde all’atto della nascita vera e propria. E’ li che dobbiamo ricominciare tutto dall’inizio ed entriamo in un vortice vita-morte-rinascita che caratterizza la specie umana da sempre. L’unica certezza è il cambiamento e l’unica ricetta è imparare : maestri di noi stessi. Saliamo per gradi in una scala a chiocciola per poi riscendere perchè poi la vita è anche questa : devi scendere e rivivere. Lo sa la nostra memoria che è ha la saggezza ancestrale che a noi manca. Cosi la curiosità e la fatica della salita si contrappone magicamente alla pericolosità ed alla paura della discesa. La vetta cosi si capovolge e spesso non riusciamo a ricostruire la nostra visione. La vetta è pericolosa perchè pensiamo che sia una sola. Sbagliamo, la vetta è duplice : non solo quando si sale, ma anche quando si scende. La base diventa cosi un punto di ritorno.
Ma nel ritorno c’è un nuovo futuro. Ritornare significa fare un passo indietro per farne ancora due avanti. Bisogna interpretare questa nuova concezione senza spaventarsi ma bensì proseguire. Una nuova visione ci aspetta , un nuovo paradiso è li ad attenderci ma per raggiungerlo ci chiede ancora la discesa negli inferi e cosi diventiamo ancora apprendisti per poi ridiventare Maestri
E’ cosi che la natura ( e quindi la vita ) fa si che l’uomo indaghi attraverso il dubbio dell’esperienza e cresca.
Creare. Dare origine ad un qualcosa. La Creature non è solo ciò che è stata creata ma che crea. Concepisce. Disegna. Elabora. Realizza. Allora ecco che in questa magica parola che tutti conosciamo come “Creato” ha inizio la prima riflessione. La Creatura non è soltanto stata creata ma è ciò che crea , in altre parole è “creante”. Se siamo capaci di creare, allora abbiamo un potere infinito sulle cose e riusciamo a dominarli senza esserne completamente dominati. Abbiamo cosi il “Potere”. Il Potere quindi deriva dalla creatura che è creante. Il potere è una spada che possiamo usare a nostro piacimento ed infatti diverse religioni riconoscono il libero arbitrio. Il libero arbitrio cos è ? E’ libertà con responsabilità. Queste due formano il dovere. Ecco una concezione del dovere che a me piace , non è un verbo negativo come molti stolti lo contemplano, al contrario , è un verbo attivo , genera azione , è in altre parole “creante”.
L’uomo degli anni 2000 ha il dovere di arrivare a questa consapevolezza che unisce macro e microcosmo, che ricorda in qualche modo il simbolismo ermetico ( da Ermete Trismegisto ) : “come sopra cosi sotto per fare del resto una cosa unica”. Scienza avanzatissima che supera la fisica generale ed abbraccia la fisica quantistica.
La bellezza si unisce cosi alla forza che insieme formulano il trinomio : forza , bellezza, saggezza. Ogni cosa deve essere fatta seguendo questo trinomio cosi magico e cosi terreno nello stesso tempo proprio perchè deve produrre qualcosa, cioè deve essere creante.
E’ cosi , che attraverso il bianco e il nero che si alternano con precisione e consapevolezza noi conosciamo noi stessi nel profondo del nostro iceberg. La punta non è cosi alta in fondo e neanche cosi sottile : si lascia contemplare mentre ti invita nel profondo del mare.
Chi scava in profondità cerca conoscenza.
Chi cerca conoscenza si eleva e quindi cerca se stesso.
Chi cerca se stesso non cerca altro che l’Universo. ( come sopra cosi sotto).
Siamo stai creati e siamo quindi creanti perchè cerchiamo in quella luce invisibile che ci attrae e ci forma scolpendo ogni parte nascosta di noi stessi.
Ad Universi terrarum orbis summi architecti gloriam..
Cavaliere Eletto Dei 9
La vita è come una partita. Punti il fondo, la metti in mezzo, e la palla corre veloce e taglia l’area e tu stai li, con il fiato sospeso, a vedere quanto è veloce e quanto niente ci voglia per spingerla dentro.
E spesso rimane li, la palla fa una scia che taglia l’area, taglia la vita, percorre tutto a velocità supersonica e ti rimane la sensazione di essere troppo in anticipo o troppo in ritardo. Il salto quantico, si proprio quello che la fisica non misura e non esclude nello stesso tempo, non si compie. Bastava un niente per spingerla dentro, quella palla con i giri contati : noi assist- man, noi realizzatori incompiuti. Tutta la vita che ti passa davanti e non conosciamo neanche il perchè ci è mancato quell’attimo favorevole per spingerla dentro. Il fiato cosi viene a mancare, le fatiche aumentano, gli orizzonti si chiudono ed il buio sembra dettar legge. Due sensazioni comandano il cervello : reagire o rinunciare. E’ il bivo dove vive la nostra verità più profonda. Noi siamo li senza mai sapere di esserlo. Li è la nostra pietra, il nostro io. Li è il nostro giorno. Li è inferno ed è paradiso. Buio e luce. Bianco e nero. Il tutto ed il contrario di tutto. Li è la paura e li è il coraggio. Fratelli gemelli, autoctoni del nostro passato.
Finchè. Parola chiave. Parola che apre ancora una volta a noi stessi le porte delle possibilità. Di non arrendersi, di farcela e di alzare gli occhi e guardare l’arbitro ( il nostro destino) che ancora ci fa segno che la nostra gara più importante non finisce qui. Una nuova luce, un nuovo insegnamento, forse un nuova fine e quindi un nuovo inizio cosi come ci insegna la ciclicità del cosmo.
A volte la nostra cassetta degli attrezzi cade perchè incimpiamo su una pietra che è minuscola e proprio per questo tanto grande è la nostra caduta.
Cadere per rialzarsi. Farsi male per guarire. Il cielo dopo la Tempesta cosi come l’alba dopo il tramonto come ci indica la saggezza eterna del tempo.
Poco importa, perchè noi siamo ancora li e finchè c’è vita non c’è speranza , c’è qualcosa di più : una grande decisione da prendere.
Con tutti noi stessi, cosi , proseguiamo. I 90 minuti non sono finiti, e non sono ancora esclusi i tempi supplementari.
Ci risiamo. Che abbia l’inizio la sfida delle sfide. La memoria mi riporta indietro. Memorabili sfide, grandi sconfitte e grandi vittorie. Mi riporta al 5-3 di Torino , alla coppa uefa di Renica che con il suo 3-0 che , si racconta, ha fatto tremare nel vero senso della parola le palazzine di fuorigrotta. Mi ricorda i miei compagni, juventini doc e presentuosi dentro. Mi ricorda ” noi siamo i più forti”. Ma tu e chi , cretino. Un mare di presunzione mai spazzato via dalla creatina , da calciopoli, e da ogni partita frutto di un regalo arbitrale. Domenica arriva Orsato e mi ricordo anche di te : Chiellini prende dai capelli il Matador e tu insieme ad altri 5 non vedi. Maledizione. Rigore ed espulsione, cambiava il campionato , la nostra corsa, e la nostra ricerca della vittoria aveva finalmente un senso compiuto. Niente. Siamo ancora qua, distanti un anno che sa di rivincita, una rivincita infinita. Qualcuno non c’è più ma qualcun altro c’è e per qualcuno è la prima volta al San Paolo , cuore profondo della nostra “Caverna Interiore”.
C’è chi come me Napoli – Juve la gioca tutti i giorni nella vita. Ostacoli insuperabili mettono alla prova la nostra pazienza, il nostro coraggio, i nostri limiti. Ci interrogano su chi siamo veramente e di che pasta siamo fatti. Quanta grinta abbiamo e dove vogliamo arrivare. Ci danno energia, spinta e motivazione per reagire e respingere e vincere la Juve che tutti i giorni si presenta per farci del male. Noi, ribelli di quel potere che soffoca ogni forma di libertà. Noi, che per darci per vinti ci devono massacrare e neanche basta. Noi, che per la luce andiamo incontro al buio e non ne abbiamo paura perchè abbiamo scoperto che la paura si nutre del pensiero di aver paura.
Napoli – Juve, la sfida. La partita. Vincere per i tre punti, per l’onore, per la gloria. Vincere per la speranza che nessuno può fermare i nostri sogni.
Coraggio , Azzurri, questa partita non sarà dimenticata, è la prova del fuoco. Voi con noi, noi con Voi. Finchè morte non ci separi.